LEZIONE DI STORIA: ADESSO È TUTTO IN MANO ALLA VOLKSBANK. QUALI SONO LE SUE INTENZIONI? SI RITORNA AL PROGETTO GIANFRANCO AZZOLIN A SUO TEMPO BOICOTTATO DAL COMUNE DI MAROSTICA?

di Mario Scuro

Da alcuni anni una gru di colore ocra smarrito dal tempo e dalle intemperie troneggia nei pressi di Porta Bassano e della cadente torre E (puntellata e ingabbiata), all’interno dell’area Azzolin.
Ritengo necessario ritornare sull’argomento – seguito da anni da “Marostica Notizie” – in quanto dalla fine del secolo scorso si discute sul futuro di questo territorio, che rappresenta un settimo dell’area abitativa dentro le mura, con progetti, compravendite, sanzioni, condoni, pubbliche riunioni, discussioni in sede di Consiglio Comunale.
La proprietà attuale è della Volksbank di Bolzano (subentrata alla Banca Popolare di Marostica, un tempo fiore all’occhiello della finanza cittadina), la quale non manifesta pubblicamente le sue intenzioni a seguito dell’investimento di qualche anno fa.
L’Amministrazione Comunale di Marostica, proprietaria della cinta muraria interessata, a nome del Vicesindaco, nella riunione della Compagnia delle Mura, ha fatto intendere che lascia alla Direzione della banca la decisionalità dei rapporti dovuti per gli interventi con la Soprintendenza di Verona.
Il Ministro della Cultura, da me interpellato per un intervento al fine di uscire dall’impasse, mi risponde con il distinguo fra “lo Stato, a cui spetta la tutela del patrimonio culturale e gli Enti locali, ai quali è demandato il governo del territorio”.
Il Soprintendente di Verona, messo a parte della problematica situazione del centro storico di Marostica, assicura “la massima attenzione sui temi segnalati, in particolare sull’esecutività del Decreto Soragni 2012”.
Il Presidente della Commissione Europea, da me interessato qualche anno fa, mi fece sapere che, pur apprezzando il mio intervento di cittadino europeo, spetta al Comune e alla Regione progettare e chiedere i sostanziosi aiuti finanziari della comunità Europea per opere strutturali.
La Regione Veneto, che pur aveva provocato il decreto di salvaguardia della città scaligera, anche dopo il mio incontro con il Governatore e, su sua delega, con l’Assessore alla Cultura, nicchia su Marostica e restituisce all’Europa i soldi non utilizzati per gli “interventi strutturali”.
In questo bailamme democratico è impossibile per il cittadino agire concretamente. La risposta ad ogni proposta della base avviene solo con tante parole “rassicuratrici”. La disponibilità di tanti esperti del campo, quali Renato Cevese (che, purtroppo, ci ha lasciato), Sergio Los, Domenico Patassini, Patrizia Valle, Domenico Taddei, Roberto Masiero, Ugo Soragni, Giovanni Marcadella, Francesco Scafuri, Claudio Bignozzi, Carlo Cesari, Maurizio Trevisan, Flavio Rodighiero, che ho portato a Marostica; nonché l’impegno dei locali Giuseppe Antonio Muraro, Duccio Antonio Dinale, Bruno Pezzin, Giordano Dellai, Mario Guderzo, sono ignorati.
Venendo al caso Azzolin, io mi ripeto con un caldo “appello” al Ministro, al Soprintendente, al Governatore, al Sindaco, al Presidente della Volksbank, al Presidente delle Città Murate del Veneto, al Presidente dell’Istituto Italiano dei  Castelli, al Presidente di Europa Nostra – Internationales Burgen Institut per riprendere lo spirito della progettazione passata, esposta al Castello, favoriti dal fatto che Giove pluvio ci ha agevolato il disegno con il “crollo” delle superfetazioni addossate alla cinta (orribili e di nessun valore di archeologia industriale, come si fa credere – lo affermo sulla scorta della dottrina e per essere nato in via Vajenti tanti anni fa).
Appoggio sempre la tesi del concittadino cattedratico Sergio Los, il quale, nel Piano Particolareggiato per il centro Storico, che abbiamo approvato in Consiglio Comunale nell’ormai lontano 1984, sostiene che “Marostica ha l’invidiabile privilegio di possedere il centro storico fondato su un progetto latente, che ha indirizzato in un certo senso i vari interventi che si sono succeduti nei secoli e che hanno costituito la città attuale”. Conseguentemente è possibile (lo dice anche il citato Decreto Soragni) la “riqualificazione urbana, seguendo per l’appunto il disegno primitivo”.
Dobbiamo pensare anche a quanto la Comunità marosticana ha perso per non aver accettato l’offerta (2000) del proprietario Gianfranco Azzolin (marosticano verace), che, con il progetto Stefano Giunta, prevedeva “la restituzione del palazzo sette/ottocentesco in corso Mazzini; l’abbattimento di tutti i corpi di fabbrica inutili e la riedificazione volumetrica con minialloggi per anziani (una quarantina – tanto auspicati a Marostica), inseriti nel contesto storico; la cessione al Comune del parco e di una fascia di rispetto lungo le mura scaligere di 12 metri, ad uso pedonale; la realizzazione di un parcheggio interrato a tre piani, con la concessione di uno in uso alla collettività marosticana e con l’ipotesi di uscita sotto le mura per non intasare il traffico urbano; la rinuncia al diritto di proprietà delle torri C, D, E, unitamente al contributo di 300 milioni di lire per il loro restauro”.
Viceversa, non si capiscono gli interventi estemporanei (come quello in atto a Porta Breganze: il quarto, con l’investimento, alla fine, di milioni di euro e il rinvio alle calende greche del cammino di ronda); la tolleranza di vendita privata della Torre B, di cui abbiamo già