“La Comunità di Sant’Egidio nasce a Roma nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi che, nel clima di rinnovamento del Concilio Vaticano II, comincia a riunire un gruppo di liceali, com’era lui stesso, per ascoltare e mettere in pratica il Vangelo. Nel giro di pochi anni la loro esperienza si diffonde in diversi ambienti studenteschi e si concretizza in attività a favore degli emarginati. Nei quartieri popolari della periferia romana inizia il lavoro di evangelizzazione che porta alla nascita di comunità di adulti.
Il primo dei servizi della comunità, quando ancora non aveva preso il nome di Sant’Egidio, fu la scuola popolare per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, come il “Cinodromo”, lungo il Tevere, nella zona sud di Roma.
Dal 1973, nella chiesa di Sant’Egidio in Trastevere, la prima chiesa della Comunità, si dà il via alla consuetudine della preghiera comunitaria serale, che da allora accompagna la vita di tutte le comunità.
Nella seconda metà degli anni Settanta, la Comunità comincia a radicarsi anche in altre città italiane e, poi negli anni Ottanta, a diffondersi in Africa, America e Asia. Sin dalle origini, il servizio ai poveri e il sostegno ai diritti e alla dignità della persona caratterizza, assieme alla preghiera e alla comunicazione del Vangelo, la vita della Comunità che ha costruito forme di aiuto e di amicizia per fronteggiare diverse situazioni di povertà e disagio (anziani soli e non autosufficienti, immigrati e persone senza fissa dimora, malati terminali e malati di Aids, bambini a rischio di devianza e di emarginazione, nomadi e portatori di handicap, tossicodipendenti, vittime della guerra, carcerati e condannati a morte).
La familiarità con le situazioni di povertà e la constatazione delle deprivazioni prodotte dalle guerre hanno portato la comunità di Sant’Egidio a un impegno esplicito a favore della pace.
Il 18 maggio 1986 il Pontificio Consiglio per i Laici riconosce la Comunità di Sant’Egidio come associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio.”
Abbiamo ascoltato attentamente la presentazione di Santini e del rappresentante della Comunità sabato scorso presso la sala dell’ex Opificio con il racconto degli interventi fatti anche nella vicenda dell’Ucraina, ma ci siamo posti una domanda a riguardo del “pacifismo”. Pur apprezzando gli interventi di soccorso alle popolazioni colpite da situazioni di guerra e l’attività della Comunità per portare la pace intervenendo direttamente con trattative tra i combattenti, riteniamo che per raggiungere la pace ci sia una sola azione per cui bisogna battersi a fondo.
Pacifismo a nostro parere è impedire con la massima intransigenza il commercio di armi boicottando in tutti i modi i produttori, rivelando i trafficanti, abolendone l’acquisto dai bilanci degli Stati e occorre poi far in modo che gli eserciti siano aboliti. Certo è una battaglia lunga, anche utopistica, ma in pratica è l’unico modo reale per evitare le guerre. Perfino nei più sperduti villaggi dell’Asia e dell’Africa abbiamo visto ragazzini con il kalashnikov o roba simile. Una vera pazzia. Con la gioia però di chi vi investe con grandi profitti.
Osservatorio Economico Sociale di Marostica